286. A Trip to India…

Roberto Cavalli286. A Trip to India…

I needed to clear my mind, rearrange my thoughts, I needed to understand what I had in my heart and so I invented a trip to India pretending to go in search of new skins. I had just started my fashion two years before. It was 1972.

Nobody knew my true intentions, nor my true destination. The first stop was Kathmandu, Nepal… a small hotel near the holy city.

By day I wandered and wanted to be alone to organize my thoughts in a special and mystical atmosphere like the one I was relishing around me. In fact, I was particularly fascinated by the colour and the customs of the monks. In the evening I stopped to watch them fall asleep at the foot of the temple, wrapped in their beautiful orange robes.

The innocence of their smiles attracted me, but it was impossible to meet their eyes; I tried to get close to some of them, trying to capture their voice and their thoughts. But we could not exchange anything of what I wanted and I was a little taken aback by the mice that scurried, running between our feet, taking refuge in their robes .

I decided to get away from that mystic place and headed to the bank of the river, to the sacred site where they burn the dead and where the air is saturated with the acrid smell of burning human flesh. It is a smell that makes you closer to the millions of questions you ask yourself when you think about eternity.

Everything fascinated me. I sat on the opposite side of the river to look at the view formed by colourful temples made of painted ceramic and metal, the sun shining intensely and changing hues at sunset, absorbing pink reflections. I was gradually losing track of time and losing myself was what I wanted.

I wore a white t-shirt, a pair of almost white pants now soiled with earth and sweat. By contrast my beard was growing ever longer and even more black. I would not have wanted to come back ever again. It was my meditation time and it was a time that was flowing very fast!

I had met an indefinable strain of dog, such as its colour, small in size. It was now the only friend with whom I could exchange some words. We had stumbled into each other in one of those moments where, sitting on the edge of the river, we witnessed the mystery of that land “full of richness, full of poverty.”

The dog had come near me and I had toyed with offering him a peppermint candy I had in my pocket. Since then, he had not moved away from my fee. Even though he had finished my candy his love persisted. It waited for me in the morning at the front door of the hotel. I used to share half of my breakfast with him. It was hard to say goodbye to him when it time to go.

At one point I moved to Madras, on the south-west coast of India. That part of India was green, not like the big cities of Mumbai and New Delhi or even that of the tourist cities like Jaipur and Agra.

I was told that there were in those parts batik printing that was very interesting and of a very high order. I was curious about everything. Traveling around in those lands, where the green of nature, the colours of the women’s saris and the brilliance of the flowers give liveliness and energy, made me regain strength.

I sat down to watch the people and those colours filled my soul and became indelible in my memory. They were selling penicillin flasks filled with natural colors taken from the earth and the flowers. Hundreds of variations of colours, I bought them and spent my time looking at them with the spirit of one who observes something curious that he had thought was extinct.

Those colours… I remembered seeing them in the halls of the Uffizi or the Pitti Palace or in the churches in Florence, admiring the masters of the past like Raffaello Sanzio or the Ghirlandaio.

And then I watched as the women blended together shades of oranges and yellows to reds or greens to purple and turquoise. Everything was photographed by my eye and remained imprinted in me.

I never thought of that period or its ethnicity as something to inspire but rather as an inexhaustible source of colors and shades that man could not even imagine if they had not already been invented by the Earth and cultivated by the traditions of its peoples.

I was still undecided whether to go back or stay. It was difficult to leave everything. India had conquered me and now I was one of them, despite not knowing anything of their religion.

The fact is that their culture is in the air you breathe, and I was absorbing it.

Perhaps it was during this period that my conviction grew that God has neither form nor name. God exists and that’s all.

I LOVE YOU

Roberto Cavalli
Roberto Cavalli BlogRoberto Cavalli286. Viaggio in India…

Avevo bisogno di schiarirmi la mente, riorganizzare i miei pensieri, capire cosa avevo nel mio cuore e così m’inventai un viaggio in India alla ricerca di nuove pelli. Avevo appena cominciato la mia moda da due anni. Eravamo nel 1972.

Nessuno conosceva le mie vere intenzioni, né la mia vera destinazione. La prima tappa fu Katmandu, in Nepal. Un piccolo albergo vicino alla parte sacra della città.

Di giorno vagavo e desideravo stare da solo per riordinare i miei pensieri in un’atmosfera speciale e mistica come quella che stavo assaporando attorno a me. Ero infatti particolarmente affascinato dal colore e dal costume dei bonzi. La sera mi fermavo a guardarli addormentarsi ai piedi del tempio, avvolti nei loro meravigliosi tessuti arancio.

L’innocenza dei loro sorrisi mi attraeva, ma era impossibile incrociare il loro sguardo; provai ad avvicinarmi ad alcuni di loro, cercando di carpirne la voce e il pensiero. Ma non potevamo scambiare niente di ciò che avrei voluto e mi rimase solo il ribrezzo per i topi che ruzzolavano correndo tra i nostri piedi e si rifugiavano dentro le loro vesti.

Decisi di allontanarmi da quel luogo di pensiero e spesso mi spingevo sulla riva del fiume, nel sito sacro dove bruciano i morti, con l’aria satura di quell’odore acre di carne umana che brucia. Un odore che ti fa avvicinare ai milioni di interrogativi che ti poni quando pensi all’eternità.

Il tutto mi affascinava, e mi sedevo sulla parte opposta del fiume a guardare il panorama formato da templi variopinti fatti di ceramica colorata mista a metallo, che brillavano intensamente al sole e cambiavano tonalità al tramonto, assorbendo riflessi rosati. Stavo perdendo a poco a poco la cognizione del tempo. e perdermi era quello che volevo.

Vestivo una t-shirt bianca, pantalonacci semibianchi ormai sporchi di terra e di sudore. L’unico tono intenso di colore era la mia barba, sempre più lunga e sempre più nera. Non avrei voluto tornare mai più. La meditazione era il mio tempo, e il tempo era velocissimo!

Avevo incontrato un cane di ceppo indefinibile, come il suo colore, piccolo di taglia. era ormai l’unico essere, l’unico amico con cui scambiare qualche parola. C’eravamo imbattuti l’uno nell’altro in uno di quei momenti nei quali, seduto sul bordo del fiume, guardavo il mistero di quella terra “piena di ricchezza, piena di povertà”.

Il cane mi era venuto vicino e io l’avevo accarezzato offrendogli una caramella alla menta che avevo in tasca. Da allora non si era più allontanato dai miei piedi e anche se le mie caramelle erano finite il suo amore perdurava. Mi aspettava la mattina davanti alla porta dell’albergo. Gli portavo metà colazione. Mi fu difficile lasciarlo quando decisi di abbandonare il Nepal.

A un certo punto mi spostai a Madras, nella costa sudovest dell’India. era l’India verde, non quella delle grandi città come Bombay e Nuova Delhi, e nemmeno quella di città turistiche come Jaipur e Agra.

Mi avevano detto che da quelle parti esistevano stamperie interessanti e lavorazioni di batik. Ero curioso di tutto. Girare per quelle terre, dove i verdi della natura, i colori dei sari delle donne e i fiori variopinti danno vivacità ed energia, mi faceva riprendere le forze.

Mi sedevo a osservare la gente e quei colori mi entravano nell’anima e nella memoria come un marchio. Allora vendevano boccette per penicillina piene di colori naturali presi dalla terra e dai fiori. Ne esistevano centinaia di varianti e ogni volta li comperavo e li rimiravo con lo spirito curioso di chi osserva qualcosa che da noi si è estinto.

Quei colori ricordavo di averli visti solo nelle sale degli Uffizi o a Palazzo Pitti, ammirando i maestri del passato, da Raffaello Sanzio al Ghirlandaio, o nelle chiese di Firenze.

E poi osservavo come le donne abbinavano le tinte fra loro: gli aranci ai gialli e ai rossi o i verdi ai viola e ai turchesi. Tutto veniva fotografato dal mio occhio e rimaneva impresso dentro di me.

Non ho mai pensato a quel periodo o all’etnico come a qualcosa a cui ispirarsi, ma piuttosto come a una fonte inesauribile di colori e sfumature che l’uomo non potrebbe nemmeno concepire se non fossero state inventate dalla terra e coltivate dai costumi di un popolo.

Ero ancora indeciso se tornare o rimanere. mi era difficile lasciare tutto. L’India mi aveva conquistato e ormai mi sentivo uno di loro, pur non sapendo niente della loro religione.

Fatto sta che la loro cultura si respirava nell’aria, e io l’assorbivo.

Forse è stato proprio in quel periodo che è cresciuta la mia convinzione che Dio non ha né forma né nome. Esiste e basta.

I LOVE YOU

Roberto Cavalli
Roberto Cavalli Blog

4 replies
  1. Maribell Caban
    Maribell Caban says:

    What an awesome story. Thank you for taking me to India with you through your writings. True, the Creator is all-around us, neither male or female, endless & yet omnipresent. Beyond comprehension. We see our Creator in everything, and your an example of the Creator’s invention. Religion doesn’t bring you closer to the Creator setting an example, kindness, charity & the most important, love & being happy is Who the Creator is all about.

    Be well. Love you more,
    Maribell

  2. yana
    yana says:

    ma quella donna bellissima… e veramente una di loro? troppo perfetta:))) troppo belli i cappelli:))) troppo elegante:)))) dovrei assolutamente andare da quella parte…

  3. Tanya Singh
    Tanya Singh says:

    thanku so much Mr. Cavalli. i m also Indian but my eyes could never see the beauty of my country d way u luked at it during ur trip .. i must appreciate dat u saw d beauty of India, breathed its air and gave me d eyes 2 see the beauty of my own country .. this trip would be very inspirational for ur designs… …

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